L’olivo può essere considerato l’albero simbolico per eccellenza della civiltà e del paesaggio mediterraneo umanizzato. Coltivato fin dai tempi più antichi, ha una vasta distribuzione in tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Testimonianze della mitologia, della storia e della letteratura attestano la grande importanza dell’olivo e del suo olio, nel commercio, nell’alimentazione e nel costume delle popolazioni mediterranee (Giacomini, 1958; 1975).
In Grecia era sacro ad Atena ed era considerato simbolo di forza intellettuale, di conoscenza, di purificazione, di fertilità e di energia vitale, potendo raggiungere parecchi secoli di vita. Il suo legno poteva essere usato solo per scolpire statue sacre ed i suoi rami venivano intrecciati per ottenere corone con cui premiare i vincitori dei giochi dell’Elide.
Secondo il racconto della Genesi, la colomba lanciata in volo da Noè per accertarsi della fine del diluvio universale, fece ritorno all’arca con un ramoscello d’ulivo nel becco: con il ritiro delle acque tornava la pace sia nella natura che tra Dio e gli uomini. La scelta di questa pianta come simbolo di pace è, tuttavia, legata anche al prezioso olio ricavato dalla spremitura delle olive, chiamato elaion dai greci e oleum dai romani.
L’olio, utilizzato dagli ebrei come combustibile per alimentare le lampade, evocava la luce divina e la pace interiore. Esso era impiegato anche nelle cerimonie d’unzione di re, sacerdoti e profeti, come segno della benedizione divina e dell’autorità conferita da Dio (cfr. Is 61,1; 1 Sam 16,13). La stessa simbologia si ritrova nel cristianesimo: le parole “Messia” e “Cristo” derivano rispettivamente dall’ebraico mashiah e dal greco christós che significano “unto” e designano il potere reale, profetico e sacerdotale di Gesù. Particolarmente significativa è l’unzione di Gesù fatta da Maria, sorella di Marta, alla vigilia dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme (cfr. Gv 12,3).
La coltivazione dell’olivo ha seguito, nell’ambito del bacino del Mediterraneo, l’espansione da oriente ad occidente delle antiche civiltà, fenicia, ellenica e romana.
Probabilmente da primitive coltivazioni localizzate ad occidente dell’Iran e a sud del Caucaso, ebbe inizio l’irradiazione verso altre aree geografiche e la differenziazione delle diverse razze coltivate. Secondo Zohari & Hopf (1993), nell’ambito del Mediterraneo, l’olivo è stata una delle prime piante da frutto ad essere addomesticata tra il 3500 e il 3700 a. C.
Una tappa rilevante di questo processo interessò inizialmente la Grecia e l’Asia Minore. Secondo una tradizione poetica millenaria si deve a Minerva l’introduzione del primo olivo nell’acropoli di Atene, mentre quasi certamente la prima regione italiana a ricevere l’albero sacro alla dea fu la Sicilia. Lo lascerebbe pensare il mito di Aristeo, figlio della ninfa Cirene e di Apollo, antica divinità che dopo aver insegnato ai Greci l’arte di ricavare l’olio dall’olivo, si recò nella nostra Isola introducendone la coltivazione e l’utilizzazione dell’olio (Giacomini, 1975).
Si tratta di una pianta molto longeva, a crescita lentissima, in grado di dare frutti per diverse centinaia di anni, assumendo forme e dimensioni straordinarie.
In Sicilia l’olivo è stato diffuso ampiamente in tutte le province, dal livello del mare fino a dove le condizioni climatiche lo hanno consentito (circa 900 m), diventando gradualmente nel tempo l’albero che domina e caratterizza uno dei più espressivi, se non il più espressivo, tra i paesaggi agrari siciliani. Il suo inconfondibile fogliame persistente, verde-glauco di sopra e grigio-argenteo di sotto, conferisce a quest’albero una particolare bellezza.
In questo contesto, numerosi esemplari monumentali, con le loro particolari forme e straordinarie dimensioni testimoniano il lento trascorrere dei secoli e il succedersi delle generazioni umane.
L’antichità della coltura è testimoniata sia dai toponimi di varie contrade (Ogliastro, Marcatagliastro, Alivazza, Madonna dell’Olio, ecc.) che dalla presenza di oltre 350 esemplari di notevoli dimensioni presenti nelle diverse province siciliane.
Tra gli olivi più ragguardevoli si possono ricordare quelli presenti nell’area compresa tra Tusa, Pettineo e Caronia. In particolare, nella contrada Predica di quest’ultimo Comune, si trova uno degli esemplari più rilevanti. Esso possiede una circonferenza massima di 12,85 m alla ceppaia ed un fusto monocormico di 9,30 m a petto d’uomo, con diverse costolature a margini arrotondati, cavità e scanalature che, dall’inserzione della chioma, arrivano a terra. Questo esemplare, di circa 1500 anni, con molta probabilità può essere considerato uno degli ulivi più grandi della Sicilia e d’Italia.
Nel territorio di Siracusa straordinari olivi si trovano a Buccheri, Noto ed Avola. I più rappresentativi sono certamente quelli di contrada Busulmone (Noto) che, forte di una circonferenza di 12,60 m a livello della ceppaia, e di 7,20 m a petto d’uomo, ha probabilmente un’età di 1300-1500 anni, e quello di contrada La Gebbia (Avola) con circonferenza di 15,50 m al colletto e di 10,10 a petto d’uomo.
Nell’agrigentino, oltre ai suggestivi olivi della Valle dei Templi, sono da ricordare alcune piante di circa 800-1000 anni presenti nei comuni di Caltabellotta e Sciacca.
Nel palermitano, olivi considerevoli si hanno a Pollina (contrada Celsito), Caccamo e Vicari (contrada Vallefonda) dove alcuni individui evidenziano grandissime ceppaie che raggiungono i 19 metri di circonferenza.
A Palermo all’interno della riserva di Monte Pellegrino è presente il “Patriarca della Favorita”, un ulivo di oltre 1000 anni che presenta una circonferenza massima di circa 11 m e un diametro medio di 3,50 m.
Nella provincia di Catania tra le piante più belle figura l’Ulivo millenario di Motta S. Anastasia, sito ai margini dell’omonima via.
Suggestivi per le forme bizzarre e le dimensioni sono, inoltre, diversi olivi nel ragusano distribuiti tra Chiaramonte Gulfi, Acate, Modica ed Ispica. Nel territorio di quest’ultimo comune si riscontra uno straordinario esemplare di olivo di circa 1500 anni, con circonferenza massima al colletto di 15,10 m. Meritevoli di considerazione, anche se di dimensioni inferiori, sono quelli presenti nella provincia di Trapani (San Vito Lo Capo, Castellammare e Castelvetrano).
I più vetusti alberi di olivo rinvenuti nel territorio siciliano ricadono nelle aree in cui vive o potenzialmente può vivere l’oleastro od olivastro, cioè la varietà selvatica dell’olivo.
Quest’ultima è un importante elemento della macchia mediterranea di cui costituisce, insieme all’euforbia arborescente, formazioni particolarmente espressive, insediate sulle stazione semirupestri, sia su suoli calcarei che quarzarenitici, lungo le coste e nell’entroterra ove la temperatura non scende quasi mai al di sotto di 0°C.
L’olivastro, tranne casi particolari, è un arbusto o un albero di media grandezza, molto longevo, a lento accrescimento, con rametti angolosi e spinescenti, foglie piccole ellittiche o subrotonde e drupe di piccole dimensioni contenenti poco olio ma di ottima qualità.
L’individuo più rappresentativo della Sicilia è l’Olivastro di Inveges, localizzato nel territorio di Sciacca, carico di storia e di leggende, forte di un fusto di circa 5 metri di circonferenza.
n.b.: testi tratti da documentazione dell’azienda foreste demaniali, foto di ©Giorgio De Simone